Nel 2002, Bill Willingham pubblicava per l’etichetta Vertigo il #1 di Fables, serie destinata a un successo internazionale di critica e pubblico. L’intuizione di fondo era il classico caso di uno spunto semplice, ma geniale. Willingham aveva immaginato che il mondo delle fiabe fosse reale e contiguo al nostro. L’apparizione di un misterioso nemico aveva così costretto quei personaggi, che più o meno tutti hanno conosciuto da bimbi, ad abbandonare la loro terra e trasferirsi nella nostra, più precisamente a New York, mimetizzandosi tra gli umani.

Ecco, Fables è stato è stato il primo paragone a venirmi in mente quando ho iniziato la lettura di Vivi e vegeta, fin dalle prime pagine, e non tanto per la vicinanza contenutistica, quanto per un motivo ben più interessante. La serie di Francesco Savino e Stefano Simeone raccoglie a più di quindici anni di distanza lo stesso spirito di rottura di quella Vertigo, come forse nessuno è riuscito a fare prima d’ora nel fumetto italiano. I due volumi pubblicati finora potrebbero tranquillamente riportare il logo Image in copertina, senza suscitare particolare stupore, sia per l’altissima qualità di ogni sua componente, dal soggetto ai disegni senza tralasciare l’importantissimo uso del colore, sia per la loro freschezza. Vivi e vegeta invece non è una serie USA, ma un prodotto tutto italiano, nato prima come autopubblicazione sul web attraverso la piattaforma Verticalismi, e poi sbarcato su carta in due volumi pubblicati da Bao Publishing.

Visto il paragone fatto poco fa, il contesto in cui si muove la serie può suonare familiare. Nell’universo narrativo di Vivi e vegeta, le piante hanno infine trovato un loro regno dove prosperare indisturbate, separate dal mondo degli umani da una barriera quasi impenetrabile. Anche senza il rischio di venire fagocitate, tuttavia, la vita dei vegetali non scorre serena e indisturbata. Per iniziare, piante e fiori risiedono in due distretti ben distinti, in seguito ad uno scisma avvenuto tempo addietro, e i pochi esemplari che per qualche motivo si avventurano fuori dal loro habitat sono guardati con sospetto e disprezzo.

Negli ultimi tempi, poi, il distretto dei fiori è diventato terra di razzia da parte di una coppia di girasoli psicopatici, che appare dal nulla ogni volta che il sole riesce a fare capolino oltre le nuvole per rapire qualunque fiore capiti a tiro e trascinarlo verso una meta misteriosa nelle profondità del deserto. Lo status quo del distretto viene tuttavia scosso dall’arrivo di Carl, un cactus – e dunque un’odiata pianta – in cerca della sua ragazza Nora, giornalista d’inchiesta di cui non ha più notizie da giorni.

A partire dalla vicenda di Carl, che riserva alcuni colpi di scena niente male benché appaia per una buona metà ancorata ai cliché del genere, il mondo di Vivi e vegeta prende lentamente, ma costantemente vita. Savino è molto bravo a disseminare lo sfondo dell’indagine di Carl di elementi di contorno, anche letteralmente grazie ai piccoli rimandi grafici di Simeone come i cartelloni pubblicitari o le scritte sui muri. I motivi per cui fiori e piante vivano separati, la fuga delle piante dal mondo degli umani, il ruolo di alcuni personaggi che paiono nascondere oscuri segreti sono solo alcuni degli elementi che costituiscono le fondamenta del racconto, rimandi che danno la sensazione che la storia che stiamo leggendo non sia iniziata con Carl, ma sia lì in attesa di essere raccontata da tempo. E anche se numerosi di questi misteri trovano un spiegazione alla fine del primo volume, restano i rimandi e gli accenni ad eventi grandi e piccoli a stuzzicare la fantasia.

L’opera di world building è minuziosa, fatta di dettagli sparsi qua e là, rimandi a eventi estranei, almeno all’apparenza, alla vicenda principale, che contribuiscono alla creazione di un contesto narrativo solido e coerente, della cui profondità tutti i personaggi in scena finiscono presto o tardi per godere. Si respira, insomma, quella sensazione che tutto possa accadere, un’interpretazione del fumetto come possibilità di esplorare mondi senza limiti di budget, lasciando che il fantastico trovi il suo spazio per esprimersi senza confini o limiti, sempre però nel contesto delle regole ferree che la serie si dà e rispetta, come i ruoli delle piante nel loro mondo, giocato su significati e proprietà ben noti nel nostro.

Vivi e vegeta, tuttavia, non si sottrae nemmeno al compito di raccontare il presente. Fin dai primi capitoli, in cui i riferimenti espliciti all’attualità sono molto più caricaturali, e giocati molto di più sulla satira alimentare, i testi di Savino e i disegni di Simeone raccontano una società lacerata dalle divisioni sorte come conseguenza della paura, in cui è molto più facile vivere facendosi gli affari propri e sperare che il peggio arrivi per gli altri, senza rinunciare però al contempo all’ironia e alla presa in giro come arma per sdrammatizzare. Al punto che il gioco di parole può essere considerato il tratto più caratteristiche della serie, a partire dal titolo per arrivare al geniale Odio di palma che battezza il secondo volume.

I razzismi nascono dal bisogno di proteggere a tutti i costi le proprie radici. Sono idee pericolose e sbagliate. Piantumiamole.

Col secondo volume l’intera serie compie un ulteriore salto di qualità. Seguendo l’evoluzione del tratto, più dinamico e feroce, ma soprattutto del colore di Stefano Simeone, la serie vira almeno in parte verso una narrazione più matura e meno scanzonata, meno metaforica e più di denuncia. Non ci vuole molto a capire chi sia la foglia di salvia che predica l’odio contro le palme, vittime del disprezzo umano per il loro olio e accolte malvolentieri tra le piante, solo per essere ghettizzate ed escluse da una società che venera invece le rose, fiore nobile. Eppure anche in questo contesto Vivi e vegeta non perde le sue caratteristiche più riconoscibili, ironia compresa, e grazie a un cast di personaggi più ampio allarga il respiro su un mondo che sembra riservare un gran numero di altre storie ancora da raccontare.

La varietà di toni e registri che la serie riesce a sorreggere è la riprova della solidità dell’universo narrativo creato da Savino e Simeone. Non solo tra il primo e il secondo volume si registra uno scarto sensibile, col passaggio dall’avventura al thriller urbano che dialoga col reale, ma in coda a ciascun volume sono ospitate delle storie brevi che si allontano di netto dallo stile degli episodi principali, trascinando i personaggi di Vivi e vegeta in uno special natalizio o in un’atmosfera onirica, senza che nulla appaia fuori posto o forzato. Forse si tratta solo di omaggi, ma mi piace pensare che possano essere piccoli semi in grado di mettere radici e portare in futuro la serie su altri terreni, qualora Savino & Simeone abbiano voglia di rimettere mano alla loro creazione nei prossimi mesi o anni.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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